Miei piccoli gomitoli di neuroni, come state?
Il titolo del post non è casuale ovviamente, e chi di voi avesse visto il quasi omonimo film con Jack Nicholson, in cui uno dei protagonisti viene sottoposto a lobotomia, avrà intuito che oggi voglio parlarvi di psicochirurgia. Come dice il nome, questa disciplina consiste nel tentare di “aggiustare” i difetti psichiatrici andando a modificare chirurgicamente il cervello.
La lobotomia, ormai non più in uso presso gli ospedali psichiatrici, consisteva nella recisione delle fibre che collegavano i lobi frontali al resto del cervello: come voi mi insegnate, nei lobi frontali hanno sede molte delle funzioni superiori umane tra cui la morale, l’autocontrollo, la personalità, che nei pazienti affetti da schizofrenia spesso sono andati a farsi friggere. Si era visto che, coloro che soffrivano di disturbi mentali non trattabili a livello farmacologico, dopo questo intervento diventavano dei docili bambini sbavanti. Quindi, perché no, infiliamo un punteruolo su per le orbite e ravaniamo tutto quello che c’è dentro fino a che non scompare il sintomo che disturba gli infermieri dell’ospedale psichiatrico! Niente male come idea, che infatti all’epoca valse il Nobel al suo inventore: peccato che sia come dire “dal rubinetto esce acqua troppo calda, ma invece di regolare il termostato buttiamo una bomba a mano nel boiler!”. Infatti gli effetti collaterali erano devastanti ed andavano dalla morte alla regressione infantile, alla catatonia, all’incontinenza e chissà che altro. Dagli anni ’70 e con l’avvento della moderna psicofarmacologia questa pratica è andata, fortunatamente, in disuso, portando con sé tutte le sue questioni etiche irrisolte.
UHM, ma ne siamo proprio sicuri?
E se vi dicessi che la neurochirurgia è utilizzata anche al giorno d’oggi per alcuni disturbi psichiatrici, cosa ne pensereste? Paura eh?
No dai, state calmi. Vediamo cosa è cambiato nei tempi attuali:
Innanzitutto, la conoscenza dell’anatomia e della funzionalità del cervello sono cresciute in modo esponenziale quindi l’idea di fondo non è più quella di sradicare completamente tutte le strutture cerebrali più importanti (il boiler), ma si va ad agire, a seconda del disturbo, sul relativo “termostato”, operando su strutture piccolissime, solitamente nella parte profonda del cervello. Inoltre non è più come una volta, quando facevano il buco e ci smestolavano dentro a cazzo con un punteruolo, ma si utilizza la chirurgia stereotassica: vale a dire, partendo dalla risonanza magnetica del paziente, il medico utilizza un sistema di coordinate tridimensionali computerizzate che gli dice esattamente dov’è la piccola area che deve andare a cauterizzare o rimuovere chirurgicamente. Inoltre, si ricorre alla psicochirurgia solamente come ultima spiaggia, laddove né i farmaci, né la psicoterapia hanno avuto effetto sul sintomo. Vi ho tranquillizzato? Bene, allora ecco qualche dettaglio in più.
Negli ultimi anni si sono utilizzati alcuni metodi irreversibili, come la cauterizzazione o l’asportazione di alcune piccole porzioni di cervello: come potete immaginare “irreversibile” significa proprio “non poter tornare indietro”. Da una rassegna della letteratura sembra che questo metodo non sia efficace per tutti i disturbi: ad esempio funziona per il disturbo ossessivo compulsivo (cos’è? Il buon vecchio Jack torna ancora in nostro aiuto) e per i disturbi d’ansia, ma un po’ meno per la schizofrenia e la dipendenza da sostanze. Inoltre, poiché come sapete le varie aree del cervello sono tutte collegate tra loro, si è visto che generare piccole lesioni porta, col tempo, all’atrofia dei lobi frontali, che a queste piccole strutture sono comunque collegati (ed ecco che si torna ai problemi etici della lobotomia di cui sopra, anche se questa procedura è ovviamente meno drastica).
Negli ultimi tempi però è entrata in vigore una nuova tecnica, reversibile, che si chiama Stimolazione Cerebrale Profonda (o Deep Brain Stimulation). Utilizzando sempre la chirurgia stereotassica in pazienti che non rispondono al trattamento farmacologico, invece di togliere o lesionare dei neuroni, si vanno invece ad inserire dei microelettrodini che sparaflashano elettricità DENTRO la struttura cerebrale interessata. Questi sono collegati ad una specie di pace-maker esterno che si può accendere o spegnere quando si vuole, con effetti immediati sul sintomo. Qui vediamo quello che succede ad un paziente con il morbo di Parkinson (ok, lo so che non è una malattia psichiatrica ma l’apparecchiatura è la stessa) quando si accende o spegne l’ambaradan. Pare che simili risultati, anche se non così immediati, si possano ottenere agendo su altre regioni cerebrali specifiche per la depressione. Per il disturbo ossessivo-compulsivo ci sono ancora scarsi risultati e non ho trovato ancora pubblicazioni riguardo ai disturbi d’ansia, mentre si sta pensando di utilizzarlo anche per i disturbi dell’alimentazione .
Insomma, sono sicuro che nei prossimi due o tre anni ne sentiremo delle belle. Nel frattempo vi pongo qualche domanda: come ci si pone davanti al consenso informato di questi pazienti per sottoporsi ad un’operazione del genere, che può sempre avere effetti collaterali come infezioni o emorragie? Quanta parte della loro scelta è influenzata dalla voglia di sbarazzarsi del sintomo? Quanto invece la loro capacità decisionale è influenzata dalla malattia? E soprattutto: in che modo si può dire che con loro la psicoterapia e la farmacologia non hanno avuto effetto? E se invece non avesse avuto effetto perché sono stati curati da qualcuno tipo quel peracottaro di Morelli?
Come vedete anche se i punteruoli nelle orbite sono acqua passata, le domande a cui rispondere sono ancora tante.
A presto, miei giovani amici.
Dr. Oliver Sucks.
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
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