Quello che mi porta oggi a parlare di Interstellar e della missione Rosetta nello stesso articolo è il fatto che se accostiamo i due elementi il risultato è esilarante, a modo suo. Se con esilarante intendiamo “vedo delle scimmie che si tirano le loro feci.” Dunque non mi soffermerò troppo nè sull’analisi del film, nè sugli aspetti tecnici della missione: non sono la persona più qualificata per questo. Vediamo invece la percezione comune dello spazio e delle faccende terrestri.
Partiamo da Interstellar. Quando dici di avere il cazzo di trenta centimetri…di diametro (cit.) poi devi mantenere le promesse. Ma siccome la politica ci insegna che prima c’è la campagna elettorale, e dopo che hai votato ormai l’hai presa in culo, noi ovviamente ce ne sbattiamo e continuiamo a farci “ingannare” dalle promesse. Voglio che uno tra voi stronzi in sala si alzi e dica che si aspettava davvero un film scientificamente corretto; magari proprio tu, sì, quello che a lezione di fisica mordeva la gomma in preda alla noia.
Bene: non sono qui per parlare in dettaglio di questo. Ci penserà qualcun altro per me. In una science fiction la componente scientifica è parte integrante dello storytelling: altrimenti si tratta di un genere a caso ambientato nello spazio. Guardians of the Galaxy , ad esempio: un fantasy ambientato nello spazio. Fa benissimo il suo lavoro, divertendo senza prendersi troppo sul serio e senza nascondere che Groot e Rocket fanno vendre un godzilliardo di giocattoli (e di action figures, per i più grandicelli): è la Marvel, c’è la Disney dietro. Non è niente di più che una fiaba da 170 milioni di dollari, e si vede.
Descrivere questi due film come SciFi sarebbe come dire che Il Signore Degli Anelli è un romanzo storicamente accurato. Ma non è nemmeno questo il punto: ci penserà qualcun altro a smerdare Interstellar per la sua sceneggiatura (e i dialoghi, la caratterizzazione, e l’exposition imbarazzante) e a lodarlo per l’aspetto più grafico come la fotografia e gli effetti speciali. Certo, bisogna riconoscere che portare sul grande schermo alcune tematiche scientifiche non propriamente quotidiane e che far riflettere sugli aspetti cosmologici e fisici, che sono quelli meglio realizzati, è cosa buona e giusta. Quello che voglio mettere in risalto è, come fece il buon deGrasse Tyson con Gravity, non tanto la poca scientificità della cosa (beh, un po’ sì dai), quanto la componente emozionale così forte per una finzione scenica e un disinteresse diffuso per i veri programmi spaziali.
C’è gente che si sta lambiccando il cervello a parlare bene o a parlare male su questo film; c’è chi esce dalle sale con gli occhi lucidi dall’emozione, chi parla di capolavoro, di tematiche profonde. Non mi riferisco agli esperti o ai professionisti del settore, mi riferisco agli spettatori comuni. Non è colpa del film, in fondo: è come un sedicenne che, per fare colpo con una ragazza, fa finta di essere profondo e se ne esce con un po’ di filosofia spicciola per racimolare venti minuti di sesso. Solo che in questo caso sono tre ore; tuttavia, non è detto che non ti possano piacere queste tre ore di sesso, anche se ti rendi conto dei sotterfugi. Il film può piacere benissimo se lo si guarda con una lente meno inquisitoria, sia dal lato scientifico che da quello cinematografico.
Passiamo alla missione Rosetta. C’è una sorta di poesia nell’avere in concomitanza una sonda spaziale che dopo dieci anni rilascia un lander per analizzare il nucelo di una cometa e un film mediocre su viaggi iperspaziomultipandimensionaluniversali e vedere che c’è più trasporto e coinvolgimento per il secondo. Forse non si è capito bene, ma dall’analisi della cometa potremo capire molto sullo stato dell’universo miliardi di anni fa, oltre a cercare di trovare riscontro all’ipotesi che la vita sulla terra è stata portata proprio da una cometa. Ma proprio quando ti rassegni e fai spallucce, decretando l’ora del decesso mediatico di una missione di rilevanza scientifica impressionante, succede che lo scienziato Matt Taylor si presenta con la sua camicia portafortuna con delle sgnacchere bionde armate di pistole disegnata dalla sua amica. Avete presente quelle magliette con i draghi, i lupi, la morte con la falce? Quelle che si mettono i metallari convinti e i nerdoni, per l’appunto.
Scoppia il putiferio: il nostro scienziato con la testa tra le nuvole, lo stesso tizio che successivamente si è messo a piangere in diretta chiedendo scusa, viene tacciato di sessismo. In questi momenti sento che la realtà mette la freccia e sorpassa a destra la fantasia. Giù di sbrodolamenti vari, tweets, post sui blog, risposte di alcune femministe. Senza contare il TG4, che l’ultima volta che ho provato ad argomentare mi è esploso un capillare. Per la cronaca, il lander Philae ha già trovato molecole organiche sulla cometa.
È stato detto che la scienza fa passi avanti, ma la società fa passi indietro. Certo. Perché ancora ci appelliamo a queste minchiate prive di fondamento, basate sull’apparenza; perché ancora è lo scalpore, lo scandalo che coopta le energie della gente, perché ancora preferiamo lamentarci sulle cretinate rispetto ad intervenire in modo intelligente sui veri problemi, perchè decidiamo che missioni spaziali finte siano meglio di missioni vere, che una camicia sia il metro di giudizio per il valore professionale di una persona, perché ancora guardiamo il dito che indica la luna.
In questi momenti mi viene una gran voglia di spaccare ossa con altre ossa.
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