È di questi giorni la notizia che Gabriele Salvatores girerà il suo prossimo film tra Irlanda e Germania, e che sarà finanziato da Eurimages, il fondo del consiglio europeo che sovvenziona le co-produzioni tra paesi dell’UE. Per quanto riguarda l’Italia se ne occuperà la Indigo Film, che per intenderci ha prodotto pellicole come La Grande Bellezza, This Must be the Place, Il Divo. Insomma, una produzione italo-franco-tedesca di tutto rispetto. Ma gira voce che il buon Salvatores si sia recato anche in Friuli Venezia Giulia per cercare alcune location per il suo nuovo lavoro, e ne abbia trovate di particolarmente adatte in Porto Vecchio, a Trieste. Prendo quindi spunto da questa notizia per parlarvi di un fenomeno poco conosciuto in Italia (se non dagli addetti ai lavori), ma che permette ad un territorio di farsi conoscere dal resto d’Italia e d’Europa. Sto parlando delle Film Commission.
Le Film Commission nascono negli anni Quaranta in America e si diffondono anche in Italia all’inizio degli anni Novanta. Sono degli enti che si occupano di attrarre e sostenere produzioni cinematografiche e audiovisive su un dato territorio (in Italia principalmente una Regione) offrendo servizi a titolo gratuito nel tentativo di promuovere la produzione audiovisiva sul territorio di loro competenza e agevolare la produzione cinematografica riducendone le spese. Tra i vari servizi offerti ci possono essere l’individuazione delle location, il contatto con gli enti locali, la ricerca di maestranze locali, assistenza burocratica, ecc.
Alcune Film Commission si sono dotate anche di un Film Fund (qui l’esempio del FVG, il primo istituito in Italia), ovvero un fondo che finanzia le produzioni audiovisive e cinematografiche a seconda della durata delle riprese sul territorio, a patto che queste spendano una data cifra e un determinato periodo di tempo sul territorio. Detta in parole povere: vuoi i soldi della Regione? Spendine qui altrettanti e ti diamo tutto quello che vuoi. In sostanza, una Film Commission si occupa di promuovere il suo territorio attirando e agevolando le produzioni cinematografiche, che ricevono un finanziamento e in cambio danno lavoro a operai e artigiani di detto territorio, scatenando anche fenomeni di cineturismo (ovvero turisti che vengono a visitare i set di un film, come accadde a Matera quando fu girato La Passione di Cristo, o più in grande in Nuova Zelanda con Il Signore degli Anelli), con notevoli vantaggi sia per la produzione (che spende di meno) sia per il territorio (che trae vantaggio sia in termini economici, sia in visibilità), innescando quindi un sistema virtuoso e di collaborazione tra produzioni audiovisive ed enti locali.
Come avrete notato, queste realtà permettono di dover dipendere sempre meno dal FUS, ovvero il Fondo Unico per lo Spettacolo (tema molto sentito dall’italiota medio, che quando non gradisce il film di un “cineasta parassita” inneggia alla “chiusura dei rubinetti del FUS”) con buona pace di chi si sente derubato dei suoi soldi ogni volta che va al cinema.
E poi ammettetelo, non vi emozionate anche voi quando riconoscete i vostri luoghi sul grande schermo?
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