(Marchetta: questo articolo, rivisto e corretto, fa parte del mio ebook nostalgico-demenziale”Anni ’90 – Dagli 883 a Carmageddon”. Se vi interessa, lo trovate a 0.99€ su tutti gli store di ebook).
Se decenni di cinema e televisione ci hanno ammorbato col mito della gioventù e con celebrazioni di pessimo gusto della splendida futilità dei liceali americani, gli anni ’90 confermano la tendenza con cagate tipo Beverly Hills o i primi Dawson’s Creek, ma al contempo iniziano ad affacciarsi interpretazioni ironiche e devianti. Tutto ciò avvenne su MTV che, prima di puntare tutto sui finti reality e sulla spettacolarizzazione dell’idiozia, ai tempi trasmetteva serie innovative e interessanti o addirittura, sentite un po’ questa, musica. Mi riferisco a Beavis e Butthead, i cazzoni brutti e ignoranti che commentano i video e che dovreste conoscere bene, e a una serie che nasce in origine proprio come spinoff a B&B per poi diventare un fenomeno magari meno noto ma con una nicchia di fan che fanno ancora sentire la propria voce sull’internet odierno. Sì, parlo di Daria.
La storia dietro a Daria non è particolarmente originale o avvincente: una ragazza imbranata e introversa cambia città con la sua famiglia disfunzionale e al liceo fatica a integrarsi con le legioni di stronzetti superficiali. Già sentita, eh? La marcia in più della serie sta nei suoi personaggi spietosamente stereotipati e nel gusto per il sarcasmo imperante nei dialoghi. Non è un caso se Daria viene considerata un mito dell’invettiva sagace e della misantropia. Tutta roba estremamente ’90s, non convenite?
Parliamo quindi dei personaggi. Di Daria abbiamo già detto: cinica, chiusa in se stessa, antisociale, ironica al punto tale da sembrare un’hipster ante litteram, ma mai quanto Jane che è altrettanto sarcastica e sprezzante ma meno autistica e ha persino velleità artistiche, figuriamoci. Poi c’è Trent, il fancazzista che vive nel suo mondo, Kevin lo sportivo rincoglionito e Brittany la sua controparte femminile, la fighetta e superficiale (ma alla fine neanche troppo) Quinn, lo sfigato maniaco, la gotica, l’imparanoiata, la stronza, i negretti simpatici e quant’altro. Personaggi un po’ macchiettistici, è chiaro, ma chi nel liceo non è a modo suo una macchietta?Daria è una serie che smaschera come poche altre gli equilibri di potere e la solo apparente libertà che vincolano il mondo chiuso, claustrofobico e bidimensionale del liceo. La Lawndale High e tutte le ridicole figure umane che vi ruotano intorno, professori inclusi, rappresentano un po’ qualunque scuola superiore occidentale come ecosistema di futilità e di vincoli sociali alienanti; come rappresentare un mondo del genere se non con degli stereotipi viventi?
Non amo particolarmente le mitizzazioni “ahhh com’era figa la roba dei nostri tempi, oggi è tutto merda blah blah blah”, quindi ci tengo subito a sottolineare che Daria non è una serie animata perfetta come viene a volte idealizzata dai nostalgici più irritanti. In primis, non mi aggrego alle folle (sono una nicchia, ma fanno casino) che invocano una nuova serie di Daria all’università, uno spin-off, un prequel o quant’altro. Semmai dovremmo essere contenti del fatto che hanno smesso di fare Daria al momento giusto. Le prime tre serie infatti hanno sviscerato già abbondantemente gli intrecci e le gag consentite dal cast di personaggi (ben caratterizzati, sì, ma comunque piuttosto “bidimensionali”) limitato, la quarta stagione è rivitalizzata dall’entrata in scena di Tom, personaggio in sé piuttosto dimenticabile ma la cui presenza ha il merito di ridefinire l’equilibrio tra Daria e Jane; la quinta invece è abbastanza ricca di episodi dimenticabili e, in sostanza, rischia di rovinare l’appeal stesso del personaggio di Daria, che trovandosi per la sua prima volta in una relazione (tra l’altro, nella vita reale un tipo “figo” come Tom non si metterebbe neanche per sbaglio con una Daria), si trova messa in discussione e le svagatezze ironiche e ciniche che hanno tirato avanti la serie fino a quel punto rischiano di trasformarsi in cliché da commedia adolescenziale. Per fortuna, arriva il “film” o puntatona finale, chiamata Is it college yet? che dà una degna conclusione alla serie, chiude alla buona le varie sottotrame e, soprattutto, restituisce dignità a Daria che, al bivio tra rimanere fedele a se stessa o vivere nell’ombra del belloccio ma spocchioso Tom, sceglie la prima strada e se ne esce con il discorso post-diploma forse più epico mai visto.
Anche se sparita dalla tv, Daria rimane un culto per tutta la generazione Y, diciamo quelli dall’ ’82 al ’92, che non possono non apprezzare quella raffigurazione grottesca e dissacrante della banalità della cultura americana (e quindi, per estensione, occidentale) contemporanea. In particolare, la dichiarata asocialità senza compromessi di Daria hanno conquistato tutti quelli che si sono sentiti degli emarginati nel corso del liceo (alzo timidamente la manina pure io). Se i personaggi di Daria sono in generale vincolati a un sistema di ruoli e stereotipi abbastanza rigido, i dialoghi brillanti e spesso corrosivi garantiscono il valore comico (e non solo), ma c’è di più. Durante i vari episodi, Daria percorre le varie tappe che inevitabilmente costellano i solo apparentemente gloriosi ma più spesso spiacevoli anni dell’adolescenza: il concerto, il piercing, le uscite mondane, le prime esperienze sentimentali, la costruzione di un rapporto “da adulti” con i genitori eccetera eccetera, robe pure banali, se vogliamo.
Ma Daria, nel corso di tutte queste nefandezze, non si comporta (quasi) mai come il tipico personaggio lagnoso ma vincente da serial americano, bensì lascia intravedere, dietro lo scudo di cinismo e sarcasmo che usa per proteggersi da un mondo di cui è impaurita, una certa, possiamo dirlo, umanità. Daria è tanto amata da noi nerd e sfigati perché, beh, noi conosciamo bene quello che ha passato. Perché noi, non neghiamolo, siamo come Daria, ed è anche grazie a lei se possiamo a modo nostro sentirci fieri di esserlo.
Beh, se questo avvilente articolo non vi fosse bastato, abbiamo pure una gallery di immagini su Daria.
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